La storia di Ischia è contraddistinta da numerose invasioni: popoli germanici, Arabi, Normanni, Svevi, Angioni e, ovviamente, incursioni piratesche di ogni genere e provenienza fino alla metà del 1700.
Ischia ha dovuto difendersi da ogni angolazione e per questo l'architettura dei suoi piccoli e grandi centri è sempre caratterizzata dalla presenza di fortificazioni, torri, castelli, fortini difensivi.
Vi racconto i nostri giri per l'isola alla scoperta di queste fortificazioni.
Il Castello Aragonese
E' il simbolo iconografico dell'isola, campeggia in molti volantini, materiali pubblicitari, annunci..ma finchè non ti ci trovi sotto non ne capisci lo splendore. Anzi, finchè non ti ci trovi dentro.
Lo stupore è duplice sia per me che per i bambini.
E' il nostro secondo giorno di permanenza sull'isola ad Ischia Casa della Vela e siamo ancora un po' sprovveduti…affrontiamo il viaggio in autobus verso Ischia Ponte con cambio a Ischia Porto nelle ore più calde del primo pomeriggio. Scendiamo al capolinea un pò provati, la mole del castello costruito a tutto tondo sul suo isolotto ci sovrasta, ci incanta.
Ci incamminiamo sul ponte che collega il castello all'isola maggiore, con il naso sempre all'insù e finiamo dritti dritti in mezzo al mare. Ci concediamo, prima di affrontare la scalata della fortezza, un bellissimo e avventuroso bagno a mare avendo come scenografia naturale la inespugnabile rocca.
Ora siamo pronti ad affrontare la visita al Castello. Si tratta di un vero villaggio autonomo, costruito per difendere popolazione e beni, produrre e vivere e praticare le principali attività economiche nei momenti insicuri di esposizione alle scorribande piratesche, incursioni e pericoli di eruzioni vulcaniche. La fondazione ha origine greche, all'inizio una semplice fortezza edificata da Gerone I, in epoca romana comincia al suo interno la costruzione delle prime abitazioni, in epoca medievale diventa un vero insediamento autarchico, aragonesi e angioni lo arricchiscono di opere, fortificano i maschi, fanno costruire poderose mura e il ponte (prima di legno) fino alla metà del 1700 quando il pericolo dei pirati viene meno e la gente comincia a tornare sulla isola principale. Nel 1823 è poco più di una prigione del regno di Napoli e nel 1851 i Borboni ci rinchiudono i dissidenti politici, con l'arrivo di Garibaldi il carcere è soppresso e Ischia è unita al Regno D'Italia.
Per rivivere tutta questa storia dentro le mura del castello aragonese non basta un'ora e mezza come indicato nel sito, noi ci abbiamo trascorso una mezza giornata e non saremmo voluti mai uscire…la visita prevede un itinerario circolare che permette di esplorare tutto l'isolotto e i suoi edifici principali, ruderi, orti e vigneti in 25 tappe.
Usciamo dal Castello, per un traforo scavato nella roccia tufacea, come un tunnel nel tempo.
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Il Torrione di Forio
Durante la nostra permanenza nell'isola, anche noi come pirati, abbiamo incursionato in lungo e largo … siamo passati per Forio in autobus tante volte senza mai fermarci.
Oggi, ultimo giorno, vogliamo soffermarci e passeggiare per la cittadina, allontanarci dalle piazzette affollate e addentrarci per i suoi vicoli saraceni, fra i suoi palazzi gentilizi un pò dimenticati e capire.
Andiamo al Torrione, la cui imponente sagoma contraddistingue il paesaggio di Forio da mare o da terra.
Come per il Castello Aragonese, si tratti di una difesa dalle incursioni via mare di saraceni, turchi e berberi. Fu realizzato nel 1480, sopra la calata del porto.
La torre, ha due livelli. Il piano inferiore, anticamente inaccessibile dall'esterno, veniva usato come deposito per le scorte alimentari e per l'artiglieria, al suo interno era stata costruita anche una piccola cisterna, oggi in disuso ma in passato utilizzata per raccogliere le acque piovane. Il primo piano era il luogo ove alloggiava la guarnigione (circa dieci uomini) al comando di un torriere; che aveva il compito di avvistare le navi nemiche svolgendo il ruolo di "vedetta principale" e di dare l'allarme e quindi preparare la difesa.
Il Torrione infatti, nella parte superiore, difesa dalla caratteristica merlatura a parapetto pieno, era munito di quattro cannoni di bronzo che, sfruttando la pianta circolare della costruzione, garantivano una completa visuale e la difesa da tutte le angolazioni possibili.
Il torrione è visitabile, al suo interno è collocata una mostra permanente dell'artista locale Giovanni Maltese vissuto fra la fine dell 800 e l'inizio del 900.
Il Torrione, fu adattato a sua dimora e studio. Maltese ha prodotto numerose opere, tra cui ritratti a carbonella e sculture interessanti, eseguite per lo più in gesso. Alcuni descrivono la sua scultura con l'aggettivo verista. I soggetti che ritrae sono personaggi della realtà quotidiana e della società foriana dell'epoca: pescatori, contadini, popolani, borghesi.
Pochi turisti a Forio sono interessati al Torrione..non sanno quello che si perdono.
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I miti raccontano la nostra storia, spiegano l'origine del mondo, rispondono ai nostri perché, danno voce alla nostra fantasia, al pensiero.
I miti sono affascinanti, sono solo narrazioni fantastiche?
Anche se così fosse mi piace raccontarli ai miei figli, fiaba delle fiabe, poesia dell'uomo ancora fanciullo.
Il mito dei Cercopi
I Cercopi erano due fratelli che vivevano nella penisola greca di Eubea (infatti Ischia è una colonia euboica). Erano tremendi: imbrogliavano, rubavano, spergiuravano. Un giorno osarono sottrarre le armi a, nientedimeno che, Eracle, mentre si riposava. Zeus, adirato, punì i fratelli trasformandoli in scimmie e trasportandoli a Ischia, dove la loro discendenza diede il nome all'isola : Pithecusae, isola delle scimmie per l'appunto, come veniva chiamata al tempo in cui era colonia della Magnagrecia.
I primi coloni euboici approdarono a Pithecusae dalla Baia di Sorgeto, riparo ideale per le navi, intorno al 780 a.c. Si fermarono sull'isola per la opportunità di praticare agricoltura, scambi commerciali e artigianato: lavorazione di oro, ferro e arte vasaia. Il sito di Pithecusa era gestito da un gruppo aristocratico di coloni che possedeva navi.
Tutto questo lo si desume dai ritrovamenti dello scavo archeologico condotto dal grande archeologo tedesco Buchner a partire dal 1952 nella Necropoli di San Montano presso l'attuale località di Lacco Ameno. Come al solito, i corredi tombali, ci forniscono elementi preziosi per capire come vivevano nell'isola, che attività praticavano, con chi intrattenevano rapporti commerciali, usi e costrumi degli antichi abitanti dell'Isola.
Tutto questo patrimonio è racchiuso e visibile al Museo Archeologico di Pithecusae che si trova all'interno di Villa Arbusto a Lacco Ameno. Villa Arbusto è la casa del celebre Angelo Rizzoli. Noi ci siamo andati un pomeriggio, poiché il museo apriva nel tardo pomeriggio, alle 17.30, abbiamo potuto visitare liberamente il parco della Villa in attesa dell'apertura del museo.
Il pezzo più celebre del museo è la Coppa del Nestore, che noi non abbiamo potuto vedere, poiché era stata prelevata per una esposizione ai musei vaticani. Questa coppa è importante, ed è descritta anche nell'Iliade, perché riporta un'iscrizione in scrittura alfabetica euboica da cui deriverà l'alfabeto latino. In Italia al tempo, gli altri popoli italici, non conoscevano la scrittura alfabetica ( che inventarono i fenici), ma solo quella fonetica, quindi i primi coloni ischitani ne contribuirono alla diffusione in Italia.
Il museo contiene 3 sezioni: una preistorica, un'altra greca con molti reperti del periodo di fioritura dell'emporio commerciale di Ischia, e infine l'ultima di età romana, quando l'Isola non si chiamerà più Pithecusae ma bensì Aenaria dall'82 a. C. quando cadde sotto l'influenza di Roma, con Napoli.
E di età romana è l'altra leggenda che voglio raccontare.
La leggenda della Ninfa Iale
Iale era nata a Aenaria ( a Ischia appunto), era una Ninfa dei monti; un giorno si approfittò del responso della Sibilla che era stata consultata perché nell'isola c'era una epidemia dura a debellarsi. La Sibilla vaticinò che la salvezza sarebbe giunta da una Ninfa e dalle acque, e Iale decise che quella Ninfa dovesse essere lei stessa. Iale raccolse nitro e zolfo dalle grotte dell'isola per mescolarli alle acque delle sorgenti …ma fu scoperta prima di riuscire nell'artificio e per punizione, a testimonianza del furto e dell'inganno, la ninfa fu mutata in fonte, la sua acqua ovviamente odorava di nitro e la fonte conservò il nome di Nitrodi.
Oggi nel luogo della fonte si trova un piccolo stabilimento termale, discreto e ben armonizzato con la natura. Niente piscine, niente complessi abnormi…solo docce e sedie per rilassarsi e godere dei benefici dell'acqua salutare.
Noi abbiamo voluto sperimentare. Le Fonti Nitrodi si trovano tra Barano e Buonopane, per andarci da Ischia Casa della Vela, si può prendere il CS, oppure andare a Ischia Porto e poi prendere il CD.
L' autobus lascia proprio di fronte alla discesa che porta alle Fonti.
L'ingresso non è costoso come gli altri centri termali ma pur sempre sostenuto, i bambini pagano ridotto.
L'acqua è benefica per la pelle e dopo le docce, che non possono durare più di 10 min per volta, ci si espone al sole e si può effettuare un percorso aromaterapico, si passeggia in mezzo alle piante aromatiche ed officinali assaporandone i profumi, potendo toccare le piante che potenziano l'effetto dell'acqua. Rosmarino, salvia, lavanda, timo, mirto, le stesse piante usate da Menippo, medico romano, giunto nell'isola nel I sec d.c. per curare le sue pazienti con acqua e piante.
Nei pressi delle fonti, nel bosco sacro alle Ninfe, sono stati rinvenuti alla metà del 1700 numerosi ex-voto in marmo, bassorilievi riportanti i nomi delle donne devote alle Ninfe Nitrodi per averle curate. Questi rilievi in marmo sono conservati in originale al museo Archeologico di Napoli, in calco anche al Museo di Ischia.
Molto saggia questa storia secolare della ricerca del benessere per aquam et herbas !
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Giunta in cima all'Epomeo, durante una delle più belle camminate effettuate durante il nostro recente soggiorno a Ischia Casa della Vela, mi sono ricordata queste parole che Erri De Luca aveva dedicato a Ischia e al suo monte.
Sono un'appassionata dei libri dello scrittore napoletano…e improvvisamente, sulla cima del Monte mi sono risuonati alcuni passaggi del suo romanzo I pesci non chiudono gli occhi.
Questo romanzo è ambientato ad Ischia anche se mai viene nominata, l'Ischia di 50 anni fa…che quando vuole si mostra ancora così come era.
C'è un passaggio nel libro in cui, l'autore bambino a Ischia, un pomeriggio si allontana a nuoto dalla sua consueta spiaggia di pescatori, guadagna distanza dalla costa, per staccarsi. L'autore afferma di farlo ancora oggi salendo in montagna.
Salire in montagna a Ischia è come allontanarsi a nuoto, significa staccarsi ed è bellissimo ed essenziale.
Se cominci a staccarti…non vorresti fare altro, conquistare la vetta dell' Epomeo è senz'altro l'esperienza di distacco più bella che l'isola ci offre, unica ed estrema, e come direbbe De Luca ti sembrerà il più giusto dei grazie, non raggiunto da nessuna preghiera.
Abbiamo effettuato l'ascesa all'Epomeo partendo dal paese di Serrara Fontana, raggiungibile in autobus, linea CD o CS. Si raggiunge il cimitero e poi si cominciano a vedere le indicazioni turistiche Frassitelli Epomeo che conducono alla stazione di partenza: il piazzale del ristorante Il Bracconiere.
Noi decidiamo di effettuare il percorso denominato Pietra dell'Acqua Epomeo, lasciando il bosco dei Frassitelli e della Falaga alla nostra sinistra salendo, un'altra volta ci piacerebbe effettuare anche l'altro versante dal lato di Forio.
La prima scoperta che facciamo è il tufo verde, la mulattiera a tratti è scavata nel tufo verde e se ne può apprezzare la conformazione. Ci hanno spiegato che la sua colorazione è dovuta alla presenza di alcuni minerali, ma nella fantasia dei bambini il tufo è verde perché migliaia di anni fa sprofondò in mare prima di riemergere nuovamente a formare la montagna. Anche a me sembra una spiegazione più creativa…verde acqua-marina!
Come ogni genere di tufo, questa pietra è facilmente lavorabile…ecco che incontriamo infatti un esempio di palmenti: una cella per la vinificazione scavata nel tufo.
Questo genere di architettura rurale, case di pietra, cellai, cantine sono tipiche di varie zone dell'isola in particolare questa del bosco della Falanga sull'Epomeo. All'altezza in cui ci troviamo con la nostra escursione ci sono ancora molti vigneti…poi cederanno il posto a boschi di castagno, rovi e felci.
Incontriamo un contadino che sta sistemando la sua vigna…sembra contento di vederci.
Salendo ancora cominciamo a scorgere le creste e giungiamo ai primi pianori, la vista si apre al mare.
Spuntano blocchi tufacei erranti sputati da qualche antichissima esplosione, qualcuno è usato come casa.
Giunti a circa 720 m s.l.m. siamo al Monte della Guardia, proprio sotto la vetta dell'Epomeo. Qui c'è la pietra dell'Acqua, un gigantesco blocco di tufo scavato per farne una cisterna d'acqua piovana.
Quest'acqua serviva per le coltivazioni di grano che avvenivano da queste parti alte dell'isola fino alla metà del 900. Con la paglia ci facevano tanti lavori artigianali d'intreccio: cestini, cappelli, ventagli…era una specie di grano molto famosa, ma poi questa coltura venne abbandonata. Negli anni 50 cominciava ad esplodere il turismo e i contadini lasciavano i campi per andare a lavorare negli alberghi, pertanto oggigiorno le poche donne ischitane che sanno intrecciare, intrecciano rafia d'importazione e non più la paglia del grano autoctono.
La pietra dell'Acqua sembra una grande testa di dinosauro, motivo di gioco per i ragazzi.
Da qui alla vetta dell'Epomeo…il paesaggio si fa abbastanza surreale, sopraggiunge la nebbia, un po' di freddo, la tensione verso la meta porta in noi camminatori il silenzio, non parliamo più, non scherziamo…ci concentriamo verso l'obiettivo che appare vicino, ma in realtà …
Avvicinandosi si scopre che la vetta è scavata ed abitata. Incredibile, come può essere la vita quassù? Semplice ed essenziale, perfetta, credo.
Quando si arriva alla cresta, in vetta all'Epomeo, si ha una visone a 360 gradi dell'isola. Un vento fortissimo aumenta il senso di vertigine che coglie molti. Lungo il cammino eravamo soli, magicamente quassù ci ritroviamo assieme ad altri esploratori, sembrerà strano ma …effettivamente ad Ischia tutte le strade portano all'Epomeo!
E' stato bello soffermarsi, mangiarci il nostro panino riparati dentro le nicchie erose dal vento…Qualcuno degli escursionisti giunti in vetta insieme a noi si è fermato al ristorantino qui presente, noi ci siamo limitati ad attraversarlo per osservare la vista dal lato opposto. Qui si vedono Lacco Ameno e Casamicciola, c'è una spaccatura sulla roccia provocata dal grande terremoto che nel 1883 devastò Casamicciola.
Rifocillati ci dedichiamo alla discesa per lo stesso percorso, alle 13.00 in punto siamo davanti al ristorante Il Bracconiere e questa è la volta che entriamo e che ci concediamo il lusso di mangiare il piatto tipico dell'isola: Coniglio all'Ischitana.
Al Bracconiere c'è un oste affabile di nome Michele che vi racconta i due modi di fare il coniglio sull'Isola a seconda dei due versanti del Monte, dalla parte di Ischia si fa diverso che dalla parte di Forio. Noi proviamo la ricetta del versante est quella con più pomodoro, con la cipolla insieme all'aglio e con l'aggiunta di acqua al posto del vino, risultato un gusto più delicato e meno selvatico. Il nostro piatto arriva cucinato in un grande tegame di coccio.
Ho cercato di trascrivere la ricetta nel mio diario…ma a che prò? mangiandolo ci si rende conto che ogni sfumatura di gusto è il risultato di un sapiente procedimento specifico, antico e arcaico non riproducibile.
Un tempo l'isola doveva essere invasa di conigli selvatici, ora per lo più saranno allevati ma io e i bambini ne abbiamo avvistato un esemplare (morto) ai bordi del sentiero: un piccolo coniglio selvatico.
In questa osteria sono molto gentili, ci offrono un antipasto in attesa che preparino il coniglio, a conclusione un buonissimo e ghiacciato amaro fatto in casa con le erbe selvatiche e il prezzo finale non riserva sorprese: giusto. Noi veramente lo raccomandiamo e ringraziamo i nostri amici di Ischia Casa della Vela che ce lo hanno suggerito.
Se a qualcuno dovesse sembrare troppo faticoso farsi questo itinerario a piedi e non volesse comunque perdersi la magia dell'Epomeo noi possiamo suggerire un sistema alternativo.
Andarci a cavallo.
Sopra al nostro albergo, al Cretatio, di cui vi abbiamo già raccontato, c'è un maneggio che si chiama Aragona Arabians e che effettua su prenotazione escursioni a cavallo all'Epomeo sia con chi già è capace di montare sia con principianti. Giorgio e Pamela, i titolari, li abbiamo conosciuti un pomeriggio al loro maneggio che comprende anche una piccola fattoria didattica. Una opportunità in più per scoprire la montagna o per trascorrere un pomeriggio con i bambini che, lo sappiamo, amano sempre tanto gli animali!
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Dopo il primo giorno trascorso a Ischia presso Ischia Casa della Vela…avevo le tasche piene di sassi.
Pomici di tutte le dimensioni e colori, piroclasti grandi e piccoli, frammenti di tufo…è bastato visitare la piccola spiaggetta di Casamicciola, la prima che si trova ai piedi della strada che scende dall'albergo, poco prima di Bagnitielli e della Punta La Scrofa, per avere le tasche piene.
Ischia è un'isola interamente vulcanica, i primi crateri risalgono a 150.000 anni fa nella zona di Campagnano, Monte Vezzi, Sant'Angelo, Lacco Ameno. Circa 55.000 anni fa si formò una gigantesca camera magmatica al di sotto dell'intera isola, il coperchio della camera magmatica sprofondò, si formò una gigantesca caldera che andò parzialmente sprofondando con l'innalzamento del livello del mare. Fino a che non avvennero nuove eruzioni magmatiche che fecero innalzare il Monte Epomeo che oggi domina da ogni angolazione l'isola.
Da questo tempo fino addirittura al 1302 si sono formati tanti piccoli vulcani ai bordi dell'Epomeo.
Le numerose sorgenti termali, le fumarole, la sabbia calda che si trovano oggi a Ischia testimoniano che l'attività vulcanica non si è di certo fermata.
Per chi è appassionato di geologia si possono fare vere e proprie escursioni vulcanologhe con vari esperti , io consiglio di visitare anche da soli il Monte Rotaro, la struttura vulcanica meglio conservata dell'isola: raggiunge circa 250 m sul livello del mare, ha un diametro di 350 m ed il cratere è profondo 125 m. Ha iniziato la sua attività vulcanica nel 700 a.c. e l'ha terminata nel 305 d.c. Poco dopo la sua origine si formò in esso un lago di acqua dolce che oggi non è più presente.
Ai suoi piedi sorge la località di Casamicciola Terme. La punta della Scrofa è una delle sue principali colate laviche giunte a mare…ecco perché abbiamo trovato in spiaggia così tante ed evidenti tracce!
Gli ischitani il monte Rotaro lo chiamano anche cretaio, la via del Cretaio si raggiunge dal nostro albergo con l'autobus 16…oppure anche a piedi, noi abbiamo fatto così.
L'ingresso al sentiero che percorre ad anello i vari crateri del Rotaro ( denominati Rotaro I, II, III, IV , e Piano dell' Oglio) è individuabile per la presenza di una sbarra che ostacola l'ingresso alle automobili. E' molto facile camminare qui, ci sono evidenti indicazioni, possiamo dire che si va a spasso per il bosco senza alcun problema godendo di vari punti panoramici, e più di tutto dei colori e dei profumi del bosco, ricco di specie mediterranee molto note:
in prevalenza leccio e pino, risultato di un rimboschimento sul Rotaro III e IV.
La pineta è molto suggestiva e stimola il gioco per i bambini, un bel nascondino mimetizzandosi fra gli alti fusti.
Il sottobosco è ricco e popolato di corbezzoli, ginestre, lentisco, cisto, erica, piccole felci e rovi.
Noi abbiamo trovato il mirto in fiore che punteggiava di bianco ampie zone, i rovi pieni di frutti ancora acerbi e pertanto verdi, le ginestre odorose e anche qualche ginestrino.
I più esperti potranno rintracciare anche il caprifoglio e quando si giunge in prossimità delle fumarole ecco comparire anche il dente di cavallo, una sorta di cardo a cui piacciono le alte temperature del suolo.
Tanti colori, tanti profumi che si appiccicano alla pelle, i canti degli uccelli sono quasi un frastuono, i bambini mi chiedono perché si sentano così forte!
Scoprire la vista di Ischia Porto è entusiasmante perché a tratti pensi di non vederlo più il mare…invece eccolo!
Un altro fenomeno interessante, sempre di natura vulcanica, che si può apprezzare in maniera ancora più tangibile sono le fumarole e le sorgenti idrotermali che riscaldano anche l'acqua marina. Andiamo alla Baia di Sorgeto, nella zona sud-occidentale dell'Isola.
Voglio raggiungere Sorgeto via mare, perché voglio proprio vederli i depositi delle eruzioni vulcaniche, mi aspetto colate a mare, stratificazioni di pomici, deformazioni da impatto…e infatti la tratta in taxi boat da Sant'Angelo a Sorgeto non mi delude.
Lo sbarco a Sorgeto è divertente… le persone arrancano malamente sui ciottoloni a riva, sono bombe e blocchi litici sputati dalla Formazione vulcanica di Citara…40 mila anni fa , ce ne sono anche di grandi dimensioni con un diametro di quasi 1 metro…sono i più ambiti per stenderci sopra il telo! Mi fa sorridere…
Deve essere molto bello venirci in inverno…quasi da soli e bagnarsi nelle vasche naturali in cui l'acqua calda sorgiva si miscela con l'acqua fredda del mare creando una piacevole sensazione e benessere.
Le vasche più vicine alle bocche vanno fino a 90 gradi ed è sconsigliato immergersi, poi digradano.
Qualche isolano ha scoperto anche i benifici dei fanghi che si formano fra i sassi e offre maschere di benessere, qualcun altro usa cuocere i cibi nelle più piccole pozze di acqua bollente: patate, mais, uova etc
La baia è molto affollata, ma se ne apprezza la bellezza naturale, niente a che vedere con gli artificiali centri termali di cui è costellata l'isola!
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Forse qualcuno, un giorno o l'altro, seguirà con diletto le mie orme. Così Giuseppe Orioli, famoso libraio dei primi del '900, inizia a descrivere il suo giro indipendente dell'Isola d'Ischia insieme allo scrittore e compagno Norman Douglas. Ecco, qualcuno…circa 80 anni dopo…ha avuto l'ardire di provarci e quel qualcuno … sono io con i miei bambini, in esplorazione sull'Isola, ospite per sette giorni dei nostri amici cooperatori sociali di Ischia Casa della Vela.
Questo diarietto di viaggio dell'autore Orioli, ci ha accompagnato fin dalla partenza; è un regalo di +Renate Goergen che pensa sempre a tutto e a tutti!
Nonostante la nostra mente sia libera dai pregiudizi, in particolare quella dei bambini, sin dalle prime righe di lettura, in treno, ci sopraggiunge un dubbio, quello di non trovare mai più l'isola descritta nelle memorie del viaggiatore Orioli, l'isola pre-turistica degli anni 30, molto selvaggia e molto lontana dalle rappresentazioni convenzionali attuali.
Mi sono dovuta ricredere.
C'è una parte dell'Isola di Ischia che ci restituisce perfettamente l'atmosfera di quel tempo, sto parlando della zona di Campagnano, Piano Liguori, Scarrupata, Montevergine a sud est dell'Isola...ove anche Orioli consiglia di cercarsi una guida, poiché per trovare la strada di lì ci vorrebbe la divina ispirazione.
Noi ci siamo avventurati da soli, e per tutto il tragitto abbiamo incontrato solo una coppia di escursionisti tedeschi che risalivano dal verso opposto al nostro, questo ha conferito ancora più fascino alla nostra passeggiata.
Raggiungiamo Campagnano con l'autobus C12 da Ischia Porto…riconosco di essere giunta a Campagnano e quindi prenoto la fermata dopo aver avvistato la chiesa, dettagliatamente descritta nel diario del nostro virgilio:
con due piccoli campanili che fiancheggiano la facciata rivestita di mattoni verniciati turchini, gialli, verdi, al centro figura un dipinto rappresentante s. Antonio da Padova con Gesù Bambino inginocchiato davanti alla Madonna e più in alto un'Annunciazione. E' lei…scendiamo dall'autobus.
Seguiamo le tracce che ci suggerisce il diario di Orioli...un nobile edificio, una pista in salita sempre più disagevole mentre il panorama si fa sempre più bello…una cappelletta. Ci sono tutti i riferimenti e a confermarci che siamo sulla buona strada il solito cagnolone che ci affianca nelle nostre escursioni; ci fa strada sempre più su fino a quando non possiamo più sbagliare.
Ora camminiamo in un canalone di tufo, il paesaggio è cambiato, attorno abbiamo solo rigogliose vigne e orti. Gli incontri che facciamo ci proiettano verso la dimensione a-temporale che troveremo a Piano Liguori. Un ragazzo porta il raccolto a valle, ha un piccolo mezzo cingolato con un cestello metallico pieno di zucchini, melanzane pomodori, mi spiega che ha coperto tutto con un telo per non perdere il raccolto…eh sì la pavimentazione è negletta come dirette il nostro autore del novecento e molto ripida.
Mi soffermo ad osservare alcuni particolari, recinzioni, cancelli, veicoli funzionanti o abbandonati, muretti. Autocostruzione spontanea, autorecupero autentico di qualsiais piccolo oggetto: reti del letto, tubi, vasi … in questo ambiente contadino si sperimenta di più e meglio, dove ci sono più necessità e meno divieti! Mi interessa molto. E tutto è armonico con la natura.
Dopo un crocicchio la direzione da prendere è segnalata di giallo, giungiamo a Piano Liguori, gruppo isolatissimo di case…che a prima vista giudicheresti fantasma…invece sono ben abitate.
Qui le vigne vi crescono particolarmente bene..e c'è da lavorare! Il sentiero si disperde in mezzo alle case, alle vigne agli orti…i bambini provano timidezza a violare il silenzio e la privacy di questo villaggio incantato. Le viti sono fatte crescere su pali di canna, sotto coltivano pomodori o altri ortaggi, vicino ad una vigna c'è sempre un piccolo canneto per procursi i bastoni.
Arriviamo ad una terrazza di una casa…che in realtà è anche ristorante, ecco il mare. Siamo sopra punta San Pancrazio. Come andare avanti ce lo spiega minuziosamente la signora del ristorante, gentilissima, sorridente, saremmo voluti rimanere a pranzo da lei..ma era ancora presto e noi volevamo raggiungere Molara, per riprendere l'autobus.
Adesso ci attendeva il confronto con un bel precipizio…un sentiero a strapiombo sul mare con vista sulla collina della Scarrupata, appena sotto la cima del monte di Vezzi, una grande soddisfazione per il panorama e un grande sollievo quando la strada si allarga, si fa meno pericolosa e si giunge a Schiappone nei pressi del santuario di Montevergine, metà di pellegrinaggi.
Mancano poche altre centinaia di metri per sbucare sulla strada principale difronte alla fermata dell'autobus. In silenzio, aspettiamo un autobus che ci porterà alla mondana spiaggia dei Maronti. La presenza dei molti turisti non ci disturba…togliamo gli scarponi e gli zaini e ci concediamo un bagno rilassante nell'acqua turchese di Maronti…fuori di noi schiamazzi e grida, dentro di noi solo il silenzio e la meraviglia per la straordinaria ricchezza paesaggistico-ambientale dell'isola, molto più contadina che marinara!
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